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mercoledì 27 novembre 2024 | ore 08:49

"Occorre agire ora"

Eleonora Alemanno, psicologa forense, esercita la professione nel suo studio di Milano: "Ogni periodo storico porta con sé nuove questioni che i singoli e la collettività si ritrovano ad affrontare".
Storie - Eleonora Alemanno

Che il momento sia critico, oramai lo sanno tutti e, ahinoi, anche i bambini. Ma, in tutto questo marasma creato dalle notizie che circolano velocemente, il disagio che incombe nelle famiglie con figli in DAD (didattica a distanza), gli sfoghi e le repulsioni provenienti dai negazionisti, sono ricorsa al parere di una professionista: Eleonora Alemanno. Psicologa forense, esercita la professione nel suo studio di Milano. Dapprima, Eleonora ha accolto la mia proposta d’intervista: le sue pillole di saggezza, potete leggerle di seguito e farne tesoro. Credo fortemente che potranno essere elargite di lungo e in largo, sedando quel rumore creato dal Coronavirus.

Gentilissima Eleonora, sono lieta di sottoporti le mie domande, utili per divulgare qualcosa della tua professione, ai nostri lettori.

1) Eleonora Alemanno: psicologa clinica, esperta in criminologia e scienze investigative. Un bagaglio completo se pensiamo che sei anche docente di corsi di formazione dell'ambito clinico -criminologico. Come nasce la tua passione per la scienza che studia la mente? Sentiti libera di spaziare come meglio ritieni.

“Sono sempre stata una persona empatica, ho sempre ricercato la corrispondenza tra i miei pensieri, le mie emozioni, le mie esperienze e quelle degli altri. Non sono mai stata indifferente al dolore di chi mi stava accanto. Ad un certo punto ho sentito l'esigenza di aiutare gli altri a mettere in parola il loro dolore, ad incanalarlo all'interno di una forza vitale che potesse spingerli a trovare tutte le risorse personali utili per salvarsi. La psicologia mi ha dato l'opportunità di trasformare questo mio desiderio in una professione. Una professione che nasce da un moto d'amore verso l'altro”.

2) Eleonora, devi sapere che a me piace entrare nella persona, se lo concedi. Anche una professionista come te, avverte l'esigenza di "vuotare il sacco?"

“Assolutamente sì, anche una psicologa avverte l'esigenza di "vuotare il sacco". Anche gli psicologi, come tutte le altre persone, vivono situazioni difficili, spiacevoli, di difficile comprensione o risoluzione. Le strategie che suggeriamo ai nostri pazienti non sempre riusciamo ad applicarle su noi stessi e le nostre risorse personali a volte risultano insufficienti. Non di rado capita quindi che un professionista della salute mentale si rivolga ad un collega. Oltretutto, per poter svolgere la professione dello psicoterapeuta, è necessario aver affrontato (durante il periodo della formazione) un percorso di analisi personale. Per uno psicologo questo non è obbligatorio ma certamente, a mio parere, utile: più si conosce sé stessi più si è in grado di aiutare gli altri”.

3) Oggigiorno, l'operato e quindi il sostegno di esperti in materia come te, è molto richiesto. Siete come dei perni in una società allo sbando. Nella testa delle persone, a livello cognitivo, cosa si è scatenato? Quali fenomeni si sono presentati e cosa ha suscitato?

“La società è, da sempre, in continuo divenire. Ogni periodo storico porta con sé nuove questioni che i singoli e la collettività si ritrovano ad affrontare. Se vogliamo focalizzarci sul momento attuale - segnato primariamente dalla lotta alla pandemia di Coronavirus - certamente le tematiche emergenti di disagio psicologico sono molteplici e spaziano da questioni legate alla sfera sociale (solitudine, fobie sociali) a questioni più personali quali paura del futuro (incertezza), difficoltà economiche, disturbi ipocondriaci, sintomatologia ansioso/depressiva. Certamente il quadro odierno è orientato verso una vera e propria psicosi sociale: tutti hanno paura, vivono nell'instabilità, e ciascuno assorbe la paura e l'instabilità che lo circonda alimentandosene in un crescendo esponenziale che genera altra paura e altra instabilità. Si tratta di un circolo vizioso dal quale i singoli (ma solo quelli consapevoli della gravità del disagio) tentano di uscirne come meglio possono, a volte anche chiedendo, fortunatamente, aiuto ai professionisti della salute mentale. In realtà credo però che il modo più opportuno per reagire a questa psicosi di massa sia quella di favorire interventi che siano pubblici, aperti a molti. I mass media che si preoccupano quotidianamente di massacrare la popolazione con notizie terrificanti legate al Virus dovrebbero, allo stesso modo, promuovere la diffusione di strumenti cognitivi che aiutino la gente a non farsi travolgere dalla drammaticità delle informazioni, ad attingere alle proprie risorse interne per razionalizzare quanto sta avvenendo ed evitare di sprofondare sempre più sul fondo del baratro della paura e del disagio psichico.
Non dimentichiamoci che la paura e l'instabilità (e qui mi sposto sul versante criminologico) sono anche terreno fertile per la commissione di atti criminali e la diffusione della violenza. Una società che ha paura è una società pericolosa, auto ed etero lesionista. Non potremo reggere ancora a lungo tutta questa tensione sociale, bisogna fare qualcosa”.

4) Le consulenze psicologiche sono in forte aumento e per quanto la categoria possa non attutirne la crisi, resta un dato triste. Tendenzialmente, chi arriva nel tuo studio a richiedere un percorso riabilitativo? Ovviamente non entriamo nei dettagli, ma chiedo se si tratta più di giovani, donne, anziani.

“La mia utenza è molto variegata. Donne e uomini in egual misura. Al momento sono molte le persone giovani a chiedermi aiuto, nella fascia che va dai 20 ai 50 anni per problemi personali ma anche per questioni legate all'ambito della psicologia giuridica (effettuo anche Consulenze Tecniche di Parte). Mi occupo pure di minori. Nel caso degli adolescenti sono molto frequenti la dipendenza da videogiochi, la tendenza all'isolamento e all'apatia, i comportamenti autolesionistici. Seguo al momento diversi bambini/ragazzi con disturbi dell'apprendimento per i quali predispongo percorsi mirati di potenziamento cognitivo. Attualmente nessuna persona anziana (over 70) è in carico alla mia professionalità ma in passato mi è capitato di occuparmi anche di questa fascia d'età”.

5) Tra i molteplici servizi che offri, presso il tuo studio di Milano, si legge anche la terapia di coppia. Da mamma, ho a cuore il futuro dei nostri figli che spesso dipende anche dai genitori. Molte sono le coppie sfasciate a causa di uno "stretto contatto prolungato". Cosa consigli in termini di pillole di saggezza? Credo che in tanti possano far tesoro della tua dichiarazione.

“Come sono solita dire, è molto difficile dispensare dei "buoni consigli" che siano adatti per tutti. Sono in accordo con te sul fatto che questa pandemia abbia, esasperando gli animi, distrutto molte relazioni di coppia. Anche relazioni (apparentemente) solide. L'unico consiglio che mi sento di dare, perché sono certa valga per tutte le coppie, è quello di affrontare tutte le problematiche e le insicurezze relazionali nel momento stesso in cui esse si presentano ed emergono nella nostra coscienza. Questo perché rimandare confronti porta le situazioni (e, con esse, i dispiaceri) ad accumularsi nel tempo arrivando poi ad un punto di non ritorno nel quale non si è più in grado né di selezionare, una per una, le varie questioni per portarle ad una risoluzione né di tollerare più il peso di tutti quei "non detti" e "non affrontanti". E così ci si lascia, perché a quel punto è più facile abbandonare tutto che non sistemare le cose. Quando la matassa è troppo ingarbugliata è più semplice buttarla via che non investire tempo ed energie per tentare di sbrogliarla. Quasi come se non ne valesse più la pena. Tutto questo può, per molte coppie, essere evitato affrontando i problemi e le situazioni volta per volta, evitando l'accumulo”.

6) Eleonora, nel mio libro ti ho ricordata col sorriso, durante la scorsa estate. Si parlava di quanta competizione esista nel mondo del lavoro, in rosa. Pensi che dopo la pandemia, la gente possa migliorarsi? Nel primo lockdown, sembravamo tutti fratelli e sorelle amati e amabili, ma una volta terminati i cori solidali, i lieviti in prestito e la speranza più lontana, ci si è accaniti l'un l'altro. Riusciresti a fare una perizia su quanto avvenuto?

“Mi riaggancio al discorso sulla tensione sociale affrontato in precedenza. La paura e l'incertezza fanno sì che si inneschino dinamiche di egoismo, di diffusione delle responsabilità, di conflitto. Inizialmente hanno prevalso meccanismi di solidarietà poiché la speranza era quella di vincere più rapidamente la lotta della pandemia (il famoso mito de "l'unione fa la forza"). Il prolungarsi estenuante della situazione ha ribaltato la frittata scoraggiando ogni tipo di desiderio di collaborazione e conducendo le persone a ripiegarsi su sé stesse in una lotta senza quartiere per la sopravvivenza ("chi fa da sé fa per tre"). Inoltre: perchè questa situazione continua a prolungarsi? Di chi è la colpa? Se non è mia sarà di qualcun altro... di tutti gli altri che, al contrario me, non seguono le regole e di chi non ci dice tutta la verità. Dunque di chi mi posso fidare per sopravvivere a questo dramma? Solo di me stesso e di pochissimi altri”.

7) A mia volta, intervistando e conoscendo persone, colgo aspetti fragili e talvolta frustrati. Cosa consigli a coloro che barcollano nella quotidianità instabile, fatta di lavoro precario, disequilibrio generale e crisi economica?

“A queste persone, che oggi sono moltissime (notizia di due giorni fa appresa dal telegiornale: il 10% della popolazione italiana si colloca in una fascia considerata di povertà!), consiglio di chiedere aiuto. Non è necessario rivolgersi ad uno psicologo privato (un servizio costoso) se non ce lo si può permettere. Esistono tantissimi servizi di supporto psicologico messi a disposizione gratuitamente da Associazioni ed Enti, servizi ai quali è possibile rivolgersi per sentirsi meno soli e per aiutarsi a trovare nuove strategie di sopravvivenza. Chiedere aiuto non è un atto di fragilità, un segno di sconfitta: saper domandare aiuto dimostra una consapevolezza del proprio stato interiore, una forza nel riconoscerlo e una grande capacità nel riconoscere di non essere in grado di affrontare la difficoltà da soli. Tutti nella vita avremo prima o poi bisogno di aiuto per un qualsiasi tipo di situazione. Se si rompe un tubo del lavello e non sono in grado di aggiustarlo chiedo aiuto ad un professionista, l'idraulico, che lo sistemerà per me. Che male c'è? Vivere in una società comporta la capacità di chiedere aiuto quando ne necessitiamo e fornirlo a chi necessita del nostro. Che male c'è? Saper chiedere aiuto al momento giusto - prima che sia troppo tardi - può salvare la vita”.

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